giovedì 13 marzo 2014

La carne alla brace aumenta il rischio di cancro

di Giuseppe Annunziata

E' proprio così, la carne cotta alla brace aumenta di circa il 70% il rischio di sviluppare cancro al colon retto. La notizia, ormai nota dagli anni '80, è stata di recente diffusa dal giornalista scientifico Mario Pappagallo, coautore del celeberrimo oncologo Umberto Veronesi nella pubblicazione del libro "Verso la scelta vegetariana"

"La carne cotta alla brace aumenta il rischio dicancro al colon retto del 70 per cento. Il secondo dato scientifico è che il grasso animale aumenta dell'30 per cento il rischio di tumore al seno. Questo però" spiega Pappagallo "non vuol dire che la carne fa venire il cancro ma che bisogna ridurne il consumo. Però in Italia paradossalmente, nonostante i dettami della dieta mediterranea, consumiamo circa 800 grammi pro capite alla settimana quando è stabilito dai nutrizionisti che il massimo indicato è sui 450. È ormai risaputo che un'alimentazione ricca di frutta e verdure eviterebbe nel 20-33% dei casi un tumore al polmone, nel 66-75% un carcinoma gastrico, nel 33-50% un tumore al seno, nel 66-75% un tumore del colon e del retto."

Fonte: web
Fonte immagine: web

mercoledì 12 marzo 2014

L'alimentazione per contrastare la forfora

di Dominic Salamone

La forfora o pitiriasi è un disturbo, assai comune, in cui il cuoio capelluto si presenta ricoperto da una desquamazione biancastra. Queste piccole scagliette, secche e perlate, altro non sono che residui di cellule morte, il cui ricambio avviene più rapidamente del normale. Questo eccessivo sfaldamento è accompagnato da prurito e un fastidioso "effetto neve", accentuato dalla pettinatura e dallo sfregamento dell'epidermide.
La forfora è un problema tipicamente maschile; i maschi producono una maggior quantità di sebo, probabilmente a causa dei più elevati livelli di androgeni, anche se  con minor frequenza e intensità colpisce anche le donne.

Le cause possono essere diverse: come cattiva alimentazione, stress, una naturale tendenza alla secchezza del cuoio capelluto, l'eccessiva produzione del sebo o lavaggi troppo frequenti, o troppo diradati, con prodotti non idonei alle loro caratteristiche. In molti casi, il vero colpevole è un fungo, la Malessezia Furfur, (detto anche Pityrospum) che vive nel cuoio capelluto della maggior parte delle persone senza dar fastidio. I problemi si manifestano non appena le colonie si fanno troppe numerose, e nutrendosi di sebo che lo scompongono in acidi grassi irritabili accelerando il ricambio cellulare.

L'alimentazione per combattere la forfora deve essere sana ed equilibrata e deve contenere tutti i nutrienti di cui hanno bisogno il cuoio capelluto e capelli per mantenersi in vita. E' consigliabile consumare legumi e tanta frutta e verdura di stagione, che sono ricchi di vitamine e minerali.E', inoltre, opportuno limitare il cibo ricchi  di grassi, per esempio salumi,fritture, panna, piatti pronti o formaggi non magri. I cereali integrali sono da preferire rispetto a quelli raffinati. Il miele e lo zucchero integrale di canna sono più indicati dello zucchero bianco. Per prevenire e combattere la forfora è consigliabile, inoltre, limitare il consumo di alcolici, caffè, tè nero. Va bene il tè verde che è ricco di antiossidanti.
Talvolta i disturbi di capelli e cuoio capelluto sono dovuti da apporti non adeguati  di ferro. E' consigliabile, quindi, controllare i valori di ferro e sangue e, in caso di carenza o di eccesso, seguire un'alimentazione che aiuti a riequilibrarne i livelli, ovviamente sotto controllo di uno specialista.
Consumare semi germogliati, che sono ricchi di enzimi digestivi, costituisce  un ulteriore sostegno per combattere la forfora attraverso l'alimentazione.

FONTE IMMAGINE: WEB

Iperuricemia, un fattore di rischio emergente

a cura del Dott. Andrea Deledda

L'acido urico (UA) è un metabolita delle basi puriniche, che sono una componente fondamentale degli acidi nucleici (DNA e RNA) e quindi delle cellule.
Quando l'acido urico nel sangue è alto (iperuricemia), rappresenta un fattore di rischio per la gotta e per i calcoli renali (di urato), ma anche, come recentemente evidenziato, per la sindrome metabolica e quindi le malattie cardiovascolari e renali.
L'uomo, come altri primati, non possiede l'enzima uricasi, e per questo ha livelli più alti di acido urico rispetto agli altri mammiferi, fino a 10 volte. L'omeostasi di questa molecola è regolata da diversi fattori: produzione epatica da una parte e flusso plasmatico e filtrazione glomerulare dall'altro. L'intestino espelle dal 25 al 35% dell'acido urico.
Nel rene l'acido urico viene filtrato, secreto e poi riassorbito per il 90%. Il riassorbimento viene ridotto da altri acidi organici che competono per lo stesso trasportatore, come ossalato, lattato e corpi chetonici. Sia le diete a basso contenuto di carboidrati (chetogeniche) che l'insufficienza renale alzano i livelli di uricemia, così anche condizioni di deplezione cellulare, come leucemia o leucocitosi.
Sorprendentemente, l'acido urico è responsabile per 2/3 della funzione antiossidante totale nel plasma, ma questo solo in presenza di vitamina C, e alcuni studiosi ritengono l'innalzamento transitorio un fattore protettivo; nell'ambiente intracellulare l'UA è invece responsabile di una risposta flogistica, e col suo effetto proinfiammatorio e proossidante aumenta il rilascio di IL-1, IL-6 e TNF-α, favorendo il catabolismo muscolare.

martedì 11 marzo 2014

Perdere chili di troppo con il miele

di Andrea De Simone

Avete letto proprio bene ! Ultimamente la notizia che il miele favorisca il dimagrimento si sta allargando a macchia d'olio. Non è qualcosa di nuovo in realtà, in quanto Mike McInnes, sportivo e nutrizionista scozzese, aveva già diffuso delucidazioni a riguardo nel 2005.
Secondo lo studioso, mangiare 1/2 cucchiaini di miele prima di andare a letto, può aiutare a bruciare le calorie e i grassi in eccesso, addirittura "fino a 3kg settimanali".

Che il miele abbia strepitose proprietà, è risaputo. E' un efficace anti-batterico (per il suo elevato contenuto di zuccheri, pH acido e presenza di glucosidasi); regolarizza le funzioni dell' apparato circolatorio e digerente; aumenta la concentrazione e migliora il sonno, influendo quindi sull'apparato nervoso; è un ottimo disintossicante nonchè anti-infiammatorio e chi più ne ha più ne metta!

Ma che il miele addirittura fosse specificamente indicato per il dimagrimento ,potrebbe far storcere il naso a molti colleghi e studiosi del settore. Eppure, secondo diversi nutrizionisti e dietisti britannici, le proprietà naturali del miele sarebbero in grado di attuare cambiamenti metabolici nel nostro organismo. In primis il fatto di poter consumare più velocemente gli zuccheri durante il sonno. Ma soprattutto riuscirebbe a placare il senso di fame di cibi dolci e ricchi di carboidrati complessi, aiutandoci così a salvaguardare la nostra salute.

«Anche gli alimenti a basso contenuto di grassi apparentemente sani sono molto spesso pieni di zuccheri nascosti o di farina bianca», ha spiegato l’esperto. «Questo significa che il nostro livello di zucchero nel sangue resta intermittente per tutto il giorno. Il corpo affronta tale sovraccarico rilasciando l’ormone insulina, che filtra lo zucchero dal sangue e permette all’organismo di immagazzinarlo come grasso».
Un processo che, con il miele, sarebbe bloccato: «Questa sostanza naturale mantiene il livello di zuccheri abbastanza costante. In questo modo il cervello non avverte un’assenza e non si sente affamato. Così non invia all’organismo l’impulso di immagazzinare carboidrati».

Verità o menzogna? E per le persone affette da diabete? Ovviamente numerosi sono anche i nutrizionisti italiani sfavorevoli a questa "innovazione" di McInnes, ricordando che ora come ora la Dieta Mediterranea rappresenta il regime alimentare più equilibrato, nonchè più vario a livello nutrizionale, e soffermandosi infine sul fatto che ogni piano alimentare non deve essere la regola per tutti : ogni persona ha bisogno di una dieta personalizzata.


fonti immagini : web




lunedì 10 marzo 2014

Celidonia, "erba da porri"

di Andrea De Simone

La celidonia, o chelidonia, appartiene alla famiglia delle Papaveracee. Questa cresce principalmente in zone umide, incolte, lungo i muri. E' originaria dell'Europa temperata e in italia è diffusa principalmente nelle zone mediterranee fino a quelle di montagna. Questa presenta uno stelo non particolarmente alto (fino a 60-65cm). Le caratteristiche peculiari di questa pianta sono i fiori di un giallo vivo e molto intenso, e il liquido (latice) biancastro, che trasuda lungo tutto il fusto. Questo, a contatto con l'aria diventa di un arancione chiaro.

PROPRIETA'